Ora che siamo arrivati alla “vera” nascita dell’hip hop nella nostra rubrica sulla storia, è il momento di introdurre la nascita dell’urban dance, la nascita della danza hip hop.
Anche la danza Hip Hop, come la musica, è frutto di un intreccio di stili, idee, culture. Le sue origini risalgono alla danza Afro contaminata da numerose influenze approdate negli U.S.A, sia sulla East Coast che sulla West Coast, e che danno vita ad uno stile nuovo, in crescita ancora oggi. L'espressione "danza urbana" si riferisce a eventi, performance e creazioni coreografiche in spazi pubblici e si occupa del rapporto tra danza, corpo danzante e architettura. La danza urbana non si pone come definizione di un genere, ma come apertura stessa, spazio di sperimentazione del corpo, appunto, nel contesto urbano. Essa comprende ed integra insieme danza, movimento, paesaggio urbano e spazio pubblico. Essendo la città lo specchio continuo del movimento stesso, questo insieme non può che essere aperto ed incontinua trasformazione. Il corpo che danza si relaziona e interferisce con lo spazio urbano stesso, può riappropriarsene e scoprirne altri usi. Sulla base di queste premesse, nel nostro contesto, possono essere considerate esperienze di ricerca gli stili che hanno posto le basi all’odierna danza hip hop, i quali, pur sviluppandosi in periodi, luoghi e contesti diversi, vengono racchiusi per convenzione nell’Old School Hip Hop. Ancora più transitori dei graffiti sono gli stili di ballo sviluppati dalla sotto cultura Hip Hop. Il ballo proveniente dal South Bronx conosciuto come Breaking o Break Dance in origine era concentrato sui movimenti delle gambe e dei piedi (si tirava su la vita dei pantaloni per mostrare le calze bianche, che evidenziavano i passi al buio della pista) e nacque negli anni Settanta. Crazy Legs, Frosty Freeze e la Rock Steady Crew, tre nomi importanti in questo campo, aggiunsero un elemento acrobatico, elaborato sulla sabbia di Central Park e poi trasportato su erba e infine su cemento, che rese il breaking un ballo competitivo e gli diede un carattere acrobatico adatto all’esposizione mediatica.
La “Rock Steady Crew” fu infatti un famoso gruppo di Break dance, fondato nel 1977 da due B-boy del Bronx (New York) Jimmy Lee e Jimmy Dee. Nel 1979 entrano a far parte del gruppo Lenny Len e Crazy Legs (di Manhattan), che portano nuova linfa vitale alla Breakdance in generale evolvendone i movimenti sviluppando anche il continuous backspin, meglio conosciuto come "windmill"). La crew racchiudeva i migliori b-boys del Bronx e per entrarvi bisognava sfidare uno dei membri e batterlo (cosa che raramente accadeva). Nel 1981, dopo l'apparizione televisiva della sfida fra Rock Steady Crew e Dynamic Rockers, Crazy Legs fu nominato presidente della crew, mentre Frosty Freeze (morto il 5 aprile 2008) e Ken Swift vice-presidenti.
Un anno dopo, Afrika Bambaataa nominò l'intera Rock Steady Crew come parte integrante della Zulu Nation (la più rispettata crew Hip Hop a quel tempo). Nel corso della sua storia, la crew ha partecipato a numerosi eventi internazionali, ha realizzato apparizioni per videoclip e lungometraggi (ex: Wild Style, 1984), estendendo il suo prestigio a macchia d'olio, tant’è che ad oggi si celebra il “Rock Steady Crew Anniversary”, evento annuale che simboleggia per molti la preservazione della storia e dell'evoluzione della vera cultura Hip Hop, coinvolgendo b-boys, dj's, writers, mc's da tutto il mondo. Attraverso la Rock Steady Crew e innumerevoli altri gruppi di ballerini, ad esempio Incredible Breakers, Electric Force, Magnificent Force e tanti altri, il breaking divenne un'incredibile esibizione di corpi che roteavano sulla schiena, sulle spalle, sulle mani e sulla testa. Combinato con l'invenzione californiana dell'electric boogie (l'impressione di scariche elettriche che attraversano gli arti), del moonwalking (l'illusione di camminare scivolando attraverso il pavimento) e di altre forme note coi nomi di joint popping, freezes, mime e robot imitation, il breaking diventò una forma di danza che attingeva il proprio repertorio da immagini ed ambientazioni da era spaziale, video e dei computer, da America dei fumetti e dei supereroi.
Secondo Afrika Bambaata il breaking nacque come ballo sulla canzone "Get On the GoodFoot" di James Brown. In un rito tradizionale che risale agli usi del Sud, e prima ancora all'Africa Occidentale, i danzatori formano un cerchio e a turno eseguono al centro passi solistici. Questo cerchio aveva l'effetto di un'arena all'interno della quale ci si esibiva con l'incitazione della folla. La performance, che di solito non durava più di una trentina di secondi, era scandita dall'ingresso nel cerchio, footwork (un gioco di piedi), freeze e uscita dal cerchio. Il “frezze” vedeva il ballerino "pietrificarsi" in pose che imitavano animali, personaggi dei fumetti, persone in ogni situazione e addirittura pin-up e lanciava il tema al quale doveva collegarsi il successivo competitore. L'obiettivo era di insultare e superare di molto, creativamente, l'avversario. I giudici erano gli spettatori, ma alcune gare venivano giudicate da persone dichiarate competenti come street dancers. La competizione era alla base del breaking (come già per l'Mcing e il Djing) e ciò ne favorì una continua e inarrestabile ascesa. Era sempre importante guadagnare il rispetto delle persone ma in questo caso e attraverso questo tipo di sfida l’obbiettivo era molto più creativo e positivo: per guadagnare questo rispetto dovevi dimostrare di essere il migliore nel cerchio e l'approvazione della gente non era facile da ottenere.
Il termine “Break” o “Breaking” è un termine comune a musica e danza e risale a molto tempo fa. Molte delle danze bizzarre e comiche come Scratch, Itch, Rubberlegs, Legomania e Shake, prefigurano breaking e popping, e gli elementi acrobatici del breaking moderno risalgono a prima del 1900. Se all'inizio era sufficiente toccarsi la punta dei piedi, saltellare o agitarsi, presto divenne normale buttarsi a terra ruotando sulla testa o a carponi. Spesso qualcuno improvvisava e la folla si eccitava. I ragazzi a casa si allenavano, provavano ed inventavano qualcosa di nuovo e tornavano carichi in pista per ottenere gli applausi la settimana dopo. La break portò lo spettacolo e il pericolo delle acrobazie in pista. Alla base di tutto ciò c'erano impegno costante e allenamento, alimentati dal grande fascino competitivo della sfida. Le acrobazie non vengono semplicemente applicate alla danza, ma sono usate anche in modo estremamente drammatico: come tutte le altre forme Hip Hop, utilizzano le poche risorse disponibili in un contesto molto povero, innalzandole ai massimi livelli di creatività.
All'inizio la maggior parte dei rapper, dei ballerini, dei Dj e dei graffitisti passava le notti in bianco cercando di escogitare nuovi trucchi per sbaragliare la concorrenza (la quale non dava tregua) perché la creatività era grandissima Questo stato di cose contribuì a far diminuire la violenza nelle strade. La danza Hip Hop cominciava a fare il suo effetto come una specie di “medicina”. E nonostante molte tensioni esistessero ancora, era nata una nuova ed efficace valvola di sfogo. Le crew di breaker sostituirono le gang e la lotta a ritmo di musica sostituì quella cruenta di strada. Le crew di breaker si sfidavano dandosi appuntamento agli angoli delle strade o in metropolitana. Al posto delle armi portavano grandi pezzi di linoleum attorno a cui il pubblico si raccoglieva per applaudire chi ballasse meglio. Alla fine una crew ne usciva vincitrice. Il fenomeno non rimase circoscritto alla comunità afro-americana. È bene sottolineare che la break-dance non ha quasi mai avuto una predominanza "nera" e, sebbene sia stata lanciata da giovani neri agli esordi degli anni settanta, ha poi trovato nella comunità ispanica la propria vera forza esplosiva, ritagliandosi sempre uno spazio sia nel mondo dell'Hip Hop, che in quello del breaking e dei graffiti. Per quanto riguarda il rap, se anche è stata capace di produrre talenti, è rimasta in netta minoranza rispetto alla comunità afro-americana.
La storia del breaking assomiglia ad una stella cadente: se non è mai scomparsa del tutto e tuttora si può notare una diretta influenza nelle tecniche di ballo di molti giovani, essa raggiunse il massimo intorno alla metà degli anni ottanta. Fu proprio in questo periodo, precisamente nel 1984, che uscirono un documentario della PBS, "Guerre di Stile" e tre filmetti di Hollywood: "Beat Street", "Breakin' " e "Breakin'2". L'Hip Hop stava uscendo dai quartieri, stava abbandonando le sue radici territoriali. Quei famosi "compartimenti stagni", creati dalle sciagurate politiche del governo cittadino negli anni settanta e rafforzati dalla presenza-dominio delle gang, stavano per diventare zone finalmente libere. Presto la novità si sarebbe diffusa anche nella “Manhattan bene”. La danza Hip Hop aveva finalmente messo piede fuori dai suoi ristretti e pericolosi ambiti territoriali.