Il fenomeno dell’Hip Hop, perchè di fenomeno si deve parlare, non è semplicemente uno stile di musica e danza, ma un passo importante della storia, un modo di sfuggire a realtà abbandonate alla propria povertà e disperazione, e non si può capire esattamente da cosa nasce, se non si ha chiaro il contesto che lo generò, il senso di necessità e di rivoluzione che lo provocò e che ne fece la moda e la forza che rappresentano oggi.
America, New York, Anni Settanta
In seguito al rinnovamento urbano voluto dal sindaco di New York, tutte le persone di colore di origine afro-americana e ispano-caraibica provenienti dalle zone più disparate della Grande Mela, furono costrette a trasferirsi nel South Bronx. Questa "ricollocazione" avvenne senza gradualità e creò una tensione sociale ed economica impossibile da gestire, in quanto il trapianto forzato creò una forte "crisi di rigetto". Ci si ribellava, infatti, ad una situazione che aveva abbandonato queste persone nella carenza di risorse cittadine, di solide "leadership" e con un peso politico molto limitato. Tale ribellione caratterizzò il decennio successivo. Non solo il quartiere del South Bronx era in una simile situazione, ma anche i quartieri di Harlem, Queens e Brooklyn. Il South Bronx, però, fu quello che venne sempre preso ad esempio dai media, basti pensare al film "Fort Apache", ambientato proprio in questo luogo, che nell'immaginario popolare rappresentò sempre il simbolo delle disgrazie d'America. Questi quartieri vennero descritti dai media stessi proprio come terre dimenticate da Dio, una specie di Far West degli anni Settanta. Testimoni che ne videro e ne vissero l'atmosfera in prima persona raccontano di come non si potesse giocare in strada senza rischiare di prendersi una pallottola in testa, o di come l'incendio di immensi stabili fosse all'ordine del giorno e rappresentasse il passatempo preferito della gioventù dell'epoca. Il paesaggio urbano, infatti, era caratterizzato dalla violenza, dalla droga, dall'abbandono e dalla povertà. Chi sopravvisse se ne stupisce ancora oggi !
In realtà, questi posti, più che dimenticati da Dio erano stati dimenticati dalle amministrazioni cittadine, che chiudevano gli occhi davanti ad una realtà così povera e disperata, fingendo che non esistesse, se non quando c'era da addossare la colpa a qualcuno per la criminalità o per situazioni e idee scandalose che inevitabilmente fuoriuscivano da essi. Osservando nello specifico i vari quartieri ci si rende conto, però, di una realtà che non era fatta solo di criminalità. È vero che non si poteva camminare per strada senza essere derubati ed è anche vero che ogni singolo isolato diventava una sorta di rifugio dal quale era meglio non uscire, ma questo avvenne esclusivamente per proteggere le persone che ci vivevano. All'interno di un isolato si creava una sorta di territorio personale degli individui che vi abitavano, in cui tutto era alla portata di tutti; se si usciva da questo territorio si rischiava di mettere a repentaglio la propria incolumità per la paura degli abitanti degli altri isolati di perdere quel poco che avevano. Non è esagerato dire che la gente avrebbe ucciso qualcuno solo per l'invasione del proprio territorio. Le strade erano un campo di battaglia, i quartieri somigliavano a roccaforti delimitate da frontiere.
Le Gang
Questo tipo di realtà lasciò spazio ad un associazionismo notevole: i ragazzi che facevano parte dello stesso isolato trovarono importante cominciare a girare in gruppo, inizialmente soltanto perché l'assomigliare ad un branco di animali selvaggi sembrava bello, successivamente per questioni di sicurezza personale e di sopravvivenza. Nacquero così le cosiddette GANG, vere e proprie bande che offrivano protezione, rifugio e amicizia a tutti gli appartenenti. Se non si faceva parte di una gang, si era esposti, senza via di scampo, a rapine, pestaggi e maltrattamenti giornalieri.
La maggior parte della concentrazione di gang si trovava a New York e a Los Angeles. Il rapido aumento di queste gang fu un fenomeno causato proprio dalla necessità di proteggersi. A New York è vero rappresentavano un grande problema, ma è anche vero che erano il capro espiatorio delle amministrazioni cittadine. Il risalto posto sul problema delle gang era frutto più di una strategia dei media che alla loro effettiva pericolosità. I media, infatti, proprio come le istituzioni o le persone che vivevano lontane da questa realtà, presentavano qualsiasi attività dei giovani di questi quartieri come qualcosa di negativo, violento, illegale. E questo modo di vedere la loro vita veniva accettato da tutti come assodato, perché chiudere gli occhi di fronte ad una realtà disperata è più facile che affrontarla, giudicarla e condannarla è più facile che contemplarne le cause e cercare di eliminarle. Un esempio di questo lo si ha con il basket: i giovani neri e latini, e più in generale i poveri, non avevano niente da fare in questi quartieri.
E così si mettevano nei guai. Magari gli unici campi da basket erano situati al fitness club e si dovevano pagare o erano riservati ai soci. La gente allora si ritrovava in strada a giocare e subito c'è chi si affretta a dire che questa è un'attività delle gang, mentre è proprio la pallacanestro che tiene le persone lontane dai guai. E se a dirlo sono quelli che abitualmente vivono finendoci, c'è da crederci. Ad esempio nel 1971 lo Stevenson, uno dei più grandi licei bianchi del Bronx, riaprì trovando una maggior concentrazione di ragazzi di colore (neri ed ispanici), rispetto ai ragazzi bianchi. Questo episodio è significativo in quanto da questo momento ogni gang cominciò ad adottare un proprio colore: i ragazzi bianchi che si unirono in gang per non restare in minoranza formarono i Minister, mentre le gang nere divennero i Black Spades. Questo colore diventò presto il lasciapassare delle persone appartenenti alla gang; divenne, infatti, l'unico mezzo per allontanarsi dal proprio isolato, invadendone quindi un altro, senza essere derubati o, peggio, uccisi. Se si apparteneva ad una gang (e il colore serviva proprio a dimostrarlo) significava che si avevano almeno altre dieci persone alle spalle, per proteggersi o vendicarsi. Questo associarsi provocò una serie di disperati e sanguinolenti scontri che si protrassero per almeno due anni e che fecero affibbiare al Bronx il nome di "Lil'Vietnam" (piccolo Vietnam), a causa delle frequenti sparatorie e lotte. L'attività delle gang ha raggiunto la punta massima tra il 1968 e il 1974; i Black Spades erano quella più numerosa e più pericolosa e il suo padrino è Afrika Bambaataa, che, come vedremo, ha un'importanza fondamentale per l'Hip Hop.
Los Angeles
La realtà a Los Angeles è completamente diversa: almeno fino alla fine degli anni Novanta la presenza delle gang è stata ben radicata, e la violenza è apparsa senza un vero perché, motivata esclusivamente dall'affiliazione a un colore piuttosto che ad un altro, anche se alcune erano vere e proprie organizzazioni criminali. La gente si confronta ancora oggi e così quotidianamente con il problema delle gang, tanto da percepirlo, sul territorio, come una situazione di “normalità”. Il fatto che i giovani non abbiano strumenti per arrivare ad un'indipendenza di giudizio perché vivono in condizioni di degrado e totale ignoranza, ha causato l’espansione di questo brutto fenomeno, per il quale risulta semplice l'identificazione con un "colore". Il problema delle gang non è limitato ovviamente a Los Angeles o New York. L'ossessiva distorsione della realtà dei fatti da parte dei media favorisce un fenomeno di imitazione del "gangsterismo", che prende piede in luoghi apparentemente immuni, dove poi si ritrovano persone che si identificano con le gang, ad esempio, nel film "Colors" del 1988. Il "gangsterismo" divenne una “moda” che portava però violenza e morte. Questo scenario generale può erroneamente far dedurre che le gang rappresentassero soltanto criminalità e violenza: in realtà, queste persone offrivano un servizio di difesa, come già accennato, al territorio. Basti pensare che i già citati Black Spades raccoglievano denaro da destinare ad opere comunitarie e si assicuravano che le persone potessero recarsi a votare regolarmente, cosa che per noi può sembrare scontata, ma per l'atmosfera dell'epoca risultava enormemente difficile.
Un altro esempio di positività delle gang lo ritroviamo in riferimento alla droga. La droga era uno dei problemi più gravi all'interno delle comunità: infatti, molti erano attratti da una facile via di fuga dalla miseria e dai facili guadagni che procurava, in un momento di crisi economica che aveva fatto scomparire i tipici lavori della classe operaia nelle periferie. Ed è questa la causa che ha reso possibile che la droga diventasse la quotidianità di questi quartieri. Afro-americani e caraibici sono tra i più esposti al fenomeno della droga, che si diffuse troppo rapidamente nei quartieri più poveri. Ci sono teorie, infatti, che vedono il governo americano e la CIA coinvolte in questa diffusione, in quanto già dalla guerra del Vietnam l'esercito degli Stati Uniti stimò che il 10% dei soldati faceva uso di eroina ed il 5% ne era dipendente. Al loro ritorno a casa l'eroina venne usata come scudo contro l'emarginazione e la disoccupazione. Si andò a formare una vera e propria rete commerciale a fronte di un forte accrescimento delle richieste, rete capitanata dai Drug Dealer che ne gestivano l'importazione e la distribuzione. Il mercato dell'eroina "nera" divenne così un potente concorrente per il racket italiano e quello irlandese. Questa facile diffusione fu possibile anche grazie alla corruzione politica delle forze di polizia; si sviluppò così un network inarrestabile di attività criminali intorno alla rete di distribuzione, che incentivava "lavoro" e che finì, quindi, per essere favorito dalla comunità stessa e dalla polizia, perché in fondo portava speranza, benessere ed un mucchio di dollari. Le istituzioni politiche usarono a proprio favore questa tolleranza della comunità, in quanto la droga stordiva ed impegnava una massa di persone che potenzialmente avrebbero potuto creare dei problemi se non fossero rimaste relegate nei loro quartieri. Successivamente all'eroina, negli anni Ottanta si diffuse "la polvere dell'angelo" (LSD) che stordiva per qualche istante e che spingeva a reazioni poco controllabili. In ogni quartiere era presente uno spacciatore che presidiava determinate zone. In una realtà in cui si viveva soltanto all'interno del proprio isolato o al massimo del proprio quartiere, lo scopo principale divenne la ricerca della droga o della compagnia dei tossici.
Dalle gang alle Crew
Nel 1974 le gang cominciarono a disgregarsi per questioni di droga: venivano decimate dagli arresti o dagli scontri con le altre bande e molti fondatori morivano a causa dell'eroina. Questa situazione creò un sentimento di ribellione a una situazione che aggiungeva tensioni alle già difficili condizioni di vita. Per questo le gang cominciarono a lavorare per eliminare il problema della droga, in quartieri dove le forze dell'ordine e le istituzioni politiche sembravano averlo favorito. Le gang cominciarono a coalizzarsi contro i pusher del luogo, ma spesso il pusher faceva parte della loro comunità o era cresciuto con loro, quindi, secondo il loro punto di vista, un cosiddetto "fratello". Si cominciò, quindi, ad arruolare mercenari provenienti da altri comunità perché portassero a termine il cosiddetto "lavoro sporco”. L’arruolamento è un elemento importante, in quanto rappresenta il primo passo verso l’apertura: non si è più confinati in quartieri o soggetti isolati, ma ci si coalizza contro un problema comune, per una lotta nuova che porti alla crescita della comunità e all’eguaglianza. Per la prima volta le gang non combattevano più tra loro, ma cercavano insieme di vincere la miseria, la disperazione e la povertà. Questo nuovo spirito portò alla nascita della CREW, contrapposta alla gang, ossia un gruppo di persone accomunate da interessi, obiettivi e stati d’animo. La crew offriva la stessa protezione della gang, ma, in maniera positiva, in quanto indirizzava la lotta non contro altri quartieri, bensì contro le istituzioni, contro la povertà, nel tentativo di migliorare la propria condizione e quella della comunità. Nascevano sotto le case, dove i ragazzi si ritrovavano a bere, a fumare erba ed a passare il tempo tra divertimenti e ricerca di guai. Ben presto queste crew divennero una famiglia per i loro componenti, che arrivavano da situazioni familiari disastrose, offrendo loro appoggio e sicurezza, garantendo loro il rispetto degli altri. Se non si fa parte di una crew si è come orfani, in balia delle brutture dell’uomo. La scelta dei membri non è casuale. Ogni componente deve dimostrare di poter dare un contributo alla causa perché tutti devono partecipare in maniera attiva alla crescita della comunità. Per selezionare nuovi membri qualche crew istituisce veri e propri riti di iniziazione, arrivando, ad esempio, a mettere la matricola in mezzo a dieci/dodici persone e a riempirla di botte. Questo è un prezzo che viene pagato volentieri, in quanto è niente in confronto all’isolamento: se si è soli si è deboli. I legami all’interno di una crew erano qualcosa di indistruttibile: non si tratta solo di un gruppo di amici, si sostituisce proprio alla famiglia, in quanto spesso questi ragazzi vivono situazioni complicate e inesistenti, la violenza domestica o l’indifferenza sono realtà con cui si è costretti a fare i conti fin dalla nascita. Nella crew si divide e condivide tutto perché è la famiglia, è il gruppo in cui si mette in secondo piano sé stessi per rappresentarlo, è un mezzo per riaffermare con fierezza le proprie origini, è il luogo dove la consapevolezza si consolida, dove si rappresenta la propria gente e si lotta per essa e questo genera orgoglio.
Negli anni Settanta imperava un forte bisogno di identificazione, di esigenza di rappresentare il proprio quartiere e la propria cultura facendo in modo di diffonderla per tutta la città, questo era l’obiettivo della crew. È un’istituzione, votata alla tutela dei suoi elementi e basata sul “mutuo soccorso”. Specialmente le ragazze, maggiormente esposte alla violenza domestica, finivano con il legarsi visceralmente alle amiche che componevano la crew e che spesso venivano da situazioni simili. Infatti, non solo i membri si proteggono a vicenda, ma se una crew femminile ha bisogno di protezione, interverrà sempre una crew maschile. La crew organizzava i cosiddetti "party fuorilegge", ossia momenti in cui gli appartenenti si aggregavano e si univano nello svago, nel fumo, nell'alcool, ma pur sempre uniti. Inoltre forniva servizi socialmente utili, a volte più efficaci di quelli istituzionali. Alcuni gruppi aiutavano a produrre eventi ricreativi, organizzavano incontri per i giovani e con persone che parlassero con loro, aiutavano le ragazze madri lavoratrici facendo baby-sitting, etc.
Continua...
Leggi la prima parte: La storia dell'hip hop, le origini