Entriamo nel vivo dello studio della storia dei vari stili di danza dell'urban, e partiamo ovviamente dalla breaking, che è il primo "stile" che si è affermato.
Le origini di questo ballo sono incerte. Per convenzione, la sua nascita viene stabilita intorno alla fine degli anni ’60 - prima metà degli anni ’70, ad opera di giovani comunità afroamericane e latine del South Bronx di New York. Prima del fenomeno dei Block Party e della nascita dei breakbeat, alcuni giovani, al ritmo della musica funk e di artisti come James Brown, iniziarono ad abbinare movimenti “in piedi” e “a terra” senza una vera e propria struttura.
Secondo Mr.Wiggles, attuale ballerino e writer portoricano e pioniere della cultura Hip Hop, la storia della Breakdance si può dividere in 3 fasi principali denominate: The Blueprint, Foundation e Powermove Era.
• The Blueprint (1968-1974)
Questa fase pose le basi per la Breakdance odierna. Fra il 1968 e il 1973 le guerre territoriali fra gang sconvolgevano il Bronx. Se ne contavano un centinaio per un totale di circa 11,000 adolescenti, di cui il 70% portoricani e il resto neri. Dopo una spirale di odio che provocò la morte di numerosi giovani, grazie alla mediazione dei Ghetto Brothers (gang e gruppo musicale del Bronx, risalente alla fine degli anni ’60) con i rappresentanti delle maggiori gang come i Black Spades (in cui troviamo un giovane Afrika Bambaataa) e gli Skulls si giunse ad un trattato di pace al motto di “Peace between all gangs and a powerfull unity”. La carica aggressiva e lo spirito combattivo che caratterizzarono il periodo delle gang furono utilizzati dai primi b-boy per definire e rendere unico il proprio modo di ballare. Se ne contavano un centinaio. I primi b-boy furono: Klark Kent, The Amazing Bobo, James Bonf, Sau Sau, Tricksy, El Dorado Mike, The Nigga Twins. Questi ultimi nel film-documentario “The Freshest Kids” (2001) sono identificati con molta probabilità come i primi b-boy in assoluto. Come essi stessi dichiarano, alle origini, la maggior parte dei passi erano in piedi e a terra, senza seguire nessuna struttura di base. In questi anni molti movimenti e molti gesti come ad esempio il tipo di up-rock definito Brooklyn Rocking, riprendevano i combattimenti fra gang e spesso servivano per risolvere pacificamente i dissidi fra vari gruppi. In questo periodo la comunità afro-americana dominava la scena, mentre quella latina (portoricani in prevalenza) era abbastanza emarginata. Il Breaking era una cosa prettamente da “neri”.
• Foundation (1975-1979)
« Vedi, allora le jam erano praticamente novanta per cento roba da neri: i b-boys erano tutti neri, ma per loro la break dance era una specie di fase, una moda. Ti dico questa storia, perché avresti dovuto vedere la loro faccia quando anche noi ci siamo messi a fare la break. Ogni volta che un ispanico si metteva a ballare, dicevano cose tipo: ‘Yo, sarà mica break dance quella?'. Per loro la moda era finita a metà degli anni settanta e si erano messi a fare altre storie, tipo i graffiti o i DJ. Ma noi tiravamo su un casino di gente che veniva a vederci. In disco al centro del cerchio c'era sempre qualche ragazzo ispanico che ballava » (Nelson George, “Hip Hop America”-1998)
La seconda fase si apre con l’ascesa del Dj portoricano Charlie Chase che portò alla ribalta lo “stile latino”. Tutto ciò permise allo stile di ballo della comunità latina di integrarsi con quello della comunità nera. Molti passi base relativi alle quattro componenti di cui il B-boying moderno è composto, furono introdotti in questi anni da una nuova generazione di b-boys. Prendendo spunto dalla Salsa e dalla Capoeira, i portoricani furono i reali creatori della “foundation” del B-boying. In particolare ricordiamo il C.C. Long (sixstep) e il Track, mosse fondamentali per ciò che riguarda i footwork. Nel 1977 viene fondata la Rock Steady Crew, destinata ad essere portavoce delle vere origini del B-boying nella storia della danza urbana. Tuttavia nel 1979 erano molti i b-boys che avevano abbandonato la danza per dedicarsi ad altre discipline della cultura Hip Hop (DJing, Graffiti, Rap) diffondendo non poca crisi e perplessità sul futuro del B-boying.
• Powermove Era (anni ’80)
Negli anni ottanta, la Rock Steady Crew di New York, grazie al giovane Crazy Legs, reclutò molti b-boy anche fuori dal Bronx. Ken Swift, Mr.Freeze, Lil Crazy Legs e molti altri, divennero esponenti della Rock Steady nella zona di Manhattan. In breve nacquero molte altre crew fra cui i Dynamic Rockers, protagonisti assieme ai Rock Steady,della celebre sfida al Lincoln Center di New York del 1981.Questa sfida fu la prima ad essere trasmessa via etere dalla ABC e successivamente inserita nel documentario Style Wars (1982). Negli anni a seguire, l’esplosione mediatica che la breakdance ebbe, offrì l’opportunità a migliaia di giovani di confrontarsi con questa nuova forma d’espressione. Nella West Coast, a Los Angeles, i b-boy si concentrarono molto sulla pratica delle powermoves ed introdussero molte nuove evoluzioni. Los Angeles è anche lo scenario di due film storici: “Breakin” (1984) e “Breakin 2” ed “ElectricBoogaloo” (1985). Televisione, pubblicità, cinema, teatro, festival: la breakdance era dappertutto e la sua pratica si diffondeva in tutto il mondo.
• Oggi (’90-2008)
Nonostante la forte popolarità del breaking sia calata sensibilmente negli anni 1990, è rimasto comunque un fenomeno tradizionale per il grande pubblico, mantenendo una certa esposizione mediatica, attraverso presenze in film, pubblicità e videogames (nel 2006 la Sony Playstation lancia sul mercato “B-boy: the game”, il primo videogioco interamente ambientato nel mondo della breakdance) . Per molti breaker rimane uno stile di vita, per alcuni, uno sport dove competere in esibizioni e gare annuali di livello sia nazionale che internazionale, tra cui vanno sicuramente ricordati il The Notorius IBE, Redbull BC One, Battle of the Year e il Freestyle Session. Dal 2002 circa, il b-boying e le danze hip hop sono tornate alla ribalta in tutto il mondo. Oltre alla scena degli Stati Uniti, è venuta alla ribalta la scena tedesca (già famosa dagli anni ’90), francese, sud-coreana e russa.
Tecnica
Durante la propria sessione di ballo il b-boy generalmente segue una struttura espressiva, fortemente legata alle categorie tecniche dei passi:
• Toprock – parte “in piedi” all’inizio della sessione;
• Go-down – passaggio dalla parte in piedi (toprock) a quella “a terra” (downrock);
• Footwork – categoria di passi che prevedono l’utilizzo delle gambe;
• Powermove – categoria di movimenti di rotazione veloci attorno ad un asse del corpo;
• Freeze – categoria di posizioni di blocco in equilibrio del corpo, usato generalmente alla fine della sessione.
• Baby Freeze - consiste nell'appoggiare la testa per terra, poggiare anche le mani e, sui gomiti appoggiare una gamba e mantenere l'altra sollevata.
• Chair Freeze - consiste nell'appoggiare la testa, un piede e una mano tenendo l'avambraccio perpendicolare al fianco e al resto del braccio e tenendo il corpo parallelo al terreno con il fianco verso il basso.
• Suicide – è una caduta improvvisa - e volontaria - sulla schiena, o su una spalla, il sedere, la pancia, ecc.
Originariamente il breaking prende vita in strada nei cosidetti cypher, cerchi di persone dove i b-boy si alternano per eseguire una sessione di ballo. Oltre che un momento di espressione ed allenamento, il cypher rappresenta un modo di socializzazione giovanile. All’interno del cypher può nascere una sfida individuale o di gruppo, chiamata in gergo battle. A partire dagli anni 80, si organizzano eventi detti contest, che vedono sfidarsi, tramite criteri prestabiliti, b-boy e crew da varie parti del mondo, in misura alle proporzioni dell’evento. Il cypher e il battle sono una reinterpretazione culturale poiché modificano antiche pratiche rituali adattandole all’ambiente urbano contemporaneo. Oramai il breaking è visibile in scuole di danza e palestre, contest, videoclip, musical, film di genere hip hop.
Altri criteri espressivi
Lo studio della tecnica e delle mosse è abbinato a quello di alcuni fattori che determinano il livello espressivo e spettacolare di una sessione di breakdance. I b-boy riscuotono successo nella comunità, quando inventano o innovano mosse e le eseguono in accordo con il ritmo e la melodia.
Alcuni termini tipici dell’hip hop, nel gergo strettamente legato al b-boying, identificano altre caratteristiche espressive:
• Flow – termine in comune con il Rap, indica il livello di padronanza nell’esecuzione dei passi in relazione al fattore espressivo. Il flow determina la differenza fra una “fredda” esecuzione dei passi rispetto ad un’altra più “sentita”, e quindi più espressiva;
• Attitude – atteggiamento, carattere, fiducia di sè. Indica come un b-boy vive personalmente la sua sessione.
Tutti questi fattori sono caratteristiche imprescindibili per sfruttare a pieno le potenzialità di questa disciplina.
Oltre agli Stati Uniti, paese di origine di questa disciplina, il breaking si pratica in tutto il mondo, ovviamente in differenti proporzioni.
Il breaking si pone a metà strada fra danza e ballo. È un ballo, poiché utilizzato come pratica sociale ed è una danza poiché implica studio e allenamento. La modalità originale in cui il B-boying si esprime è attraverso il cerchio. Secondo Hugues Bazin (“La cultura Hip Hop” - 1999), l’ambiente sub-urbano vissuto dai primi b-boy ha permesso alla breakdance di ispirarsi alla vita reale per portare avanti la propria ricerca artistica. Poiché nel breaking vengono reinterpretate pratiche socio-culturali africane, l’elemento rituale è molto forte e ne denota i significati sia estetici sia culturali. La performance di Breakdance, pur sfruttando i luoghi caratteristici dei balli popolari (strade, discoteche, feste private) dimostrano di essere il frutto di una ricerca espressiva.
Influenze sulla cultura popolare
Sin dal suo inizio, il breaking ha fornito una cultura giovanile alternativa e costruttiva, rispetto alla violenta realtà delle gang urbane. Oggi, la cultura della breakdance è una disciplina notevole che riunisce le abilità di ballerini ed atleti. Poiché l’accettazione e la crescita è centrata esclusivamente sulle capacità che si dimostrano, tale cultura è pressoché esente da distinzioni di razza, sesso ed età, ed è stata accettata e praticata universalmente.
Influenze in Italia
La "moda" della breakdance giunge in Italia nei primi degli anni ottanta grazie al film “Flashdance” e si sviluppa di pari passo con il movimento hip hop. A differenza degli Stati Uniti, in Italia il movimento si sviluppa anche grazie al sostegno dei centri sociali, in particolare a Roma e Bologna. A partire dagli anni novanta, b-boy e b-girl iniziano a rappresentare lo "stile italiano" anche all'estero. Nel 1991 la crew Battle Squad vince il Battle of the Year, e si recano a New York dove "esportano" lo stile europeo e donano nuova linfa alla scena newyorkese che da alcuni anni registrava un calo numerico e qualitativo.
Dopo un'inflessione che caratterizzò parte degli anni novanta, negli anni duemila la scena italiana ha registrato un forte sviluppo grazie all'auto-organizzazione di battle e festival a cui è seguita la nascita di numerosi corsi di danza e opportunità di lavoro nel campo degli spettacoli dal vivo, del cinema e della televisione e nell'organizzazione di progetti culturali. Nel 2004 la crew Break The Funk vince il "Best Show" e si aggiudica il 4º posto al Battle Of The Year International, mentre nel 2009 Urban Force è la prima crew italiana ad essere invitata ad un contest internazionale (l'Evolution ad Atlanta). Fra le crew italiane in attività più rappresentative a livello nazionale e internazionale ricordiamo inoltre: Bari Got Flava, De Klan, Urban Force, Banditz, Ormus Force, Fusion, Natural Force, License To Chill, Prisoners, Last Alive, Todabeat, Funkobotz, Free Stepz, Raw Muzzles, The Fameja, Gunslingerz, Funk Warriorz.